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Il team di Officina Meningi ha completato la valutazione dei 127 racconti partecipanti all’ultimo contest #breviletture e il vincitore della selezione è Vincenzo Villani, con Il tesoro di Moby Dick.
L’autore è stato in grado di dare una rilettura arguta e originale del capolavoro di Herman Melville con un testo ironico e incalzante, contraddistinto da un finale davvero imprevedibile. 
Vincenzo riceverà uno stencil originale dello street artist Sqon e 50 copie del volantino letterario con il suo racconto (la cui uscita è prevista in occasione del Festivaletteratura di Mantova, dal 6 al 10 settembre).

IL TESORO DI MOBY DICK di VINCENZO VILLANI

Il sole era sceso da un pezzo e alla Locanda dello Sfiatatoio il capitano Achab ancora affogava i suoi mesti pensieri nell’ennesima pinta di birra rossa. Era seduto al solito posto quando entrò nella locanda un vecchio marinaio di nome Billy Bones, malconcio e impaurito. Si vedeva lontano un miglio che scappava da qualcosa, o qualcuno, e quella sera aveva trovato lì il suo rifugio. 

Dopo un paio di pinte, Bones cominciò a narrare una storia che da subito attirò le attenzioni del capitano. Raccontava dell’affondamento di una baleniera, avvenuto dopo l’urto con un enorme capidoglio sulle coste dell’Africa orientale, e affermava che degli otto marinai presenti a bordo della sfortunata nave lui era l’unico sopravvissuto.

Achab capì subito che mentiva, era il suo mestiere, il mare gli aveva insegnato molto sugli uomini. Offrì al marinaio un’altra pinta e gli chiese di cominciare il racconto da capo. Billy Bones gli sorrise e dalle sue labbra  udì per la prima volta il nome di Moby Dick: «Laggiù soffia! Laggiù soffia, la gobba come una montagna di neve! È Moby Dick!»

Verso la fine, prima di perdere i sensi, il marinaio chiese al burbero capitano di far parte del suo equipaggio. Achab intuì qualcosa di vero in quanto aveva udito e decise di salpare prima che Billy Bones si riprendesse. Così quando questi si risvegliò qualche ora più tardi a bordo del Pequod, ormai la baleniera si trovava al largo delle coste di New Bedford e l’uomo si vide costretto a sputare fuori tutta la verità, confidando solo al capitano che Moby Dick non era in realtà una balena, ma un vulcano che si ergeva maestoso e fumante dalle coste dell’Africa, alle cui pendici il temibile capitano Flint aveva nascosto il suo immenso tesoro. 

Gli occhi di Achab si accesero allora di una fulgida folgore e ancora una volta il povero Billy Bones capì che forse aveva parlato troppo.

Passò del tempo e non si ebbe più notizia né di Achab, né del povero Billy Bones, ma qualcuno alla locanda ancora raccontava della balena bianca e di come il vecchio capitano ne rimase stregato. Era un vecchio ubriaco che dal fondo dello sfiatatoio farfugliava di aver scritto un libro su di loro, un libro che lo avrebbe fatto diventare ricco… il suo nome era Herman Melville, ma questa è un’altra storia.